“FoTotempismo” esplorazione dello Spazio-Tempo
“FoTotempismo” esplorazione dello Spazio-Tempo
È ricca la storia dell’arte e della fotografia nel rappresentare lo SpazioTempo del soggetto su una superfice piana e bidimensionale, soprattutto nei primi decenni del XX secolo.
Il Cubismo di Picasso è il primo movimento a superare la visione naturalistica, che ha il limite di rappresentare un solo istante della percezione, rompendo l’unicità del punto di vista e introducendo nella raffigurazione pittorica un nuovo elemento: il tempo.
Il tempo introdotto dal Cubismo è il tempo lento di una visione del soggetto a trecentosessanta gradi che, osservato dall’artista nelle varie posizioni, viene poi ricomposto in una unica rappresentazione bidimensionale.
Ed è sempre il tempo quello necessario al fruitore per ricomporre, dopo un’attenta visione delle sue frammentazioni, il soggetto nella sua totalità e coglierne così il significato.
Cade con il Cubismo l’ultimo pilastro della pittura accademica, la prospettiva, e ne nasce uno nuovo: il tempo.
Contemporaneo al Cubismo è il movimento futurista, anche questo teso ad un rinnovamento della pittura con l’esplorazione della velocità e dello spazio-tempo.
Ecco cosa dichiara questo movimento in una parte del secondo Manifesto pubblicato nel 1911: Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido.
Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente.
Per la persistenza delle immagini nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono.
E nella sintesi finale aggiunge: Che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi.
In fotografia la ricerca di una rappresentazione dello spazio-tempo è stata fatta, per prima, dai fratelli Bragaglia nel 1914, con il loro Fotodinamismo, che si è liberato dell’immagine istantanea per cercare, nel prolungamento del tempo di posa, la rivelazione di movimenti impossibili da visualizzarsi ad occhio nudo.
Dichiara infatti A.G. Bragaglia: (…) io affermo che con i mezzi della meccanica fotografica si possa fare l’arte solo se si supera la pedestre riproduzione fotografica del vero immobile e fermato nell’atteggiamento di istantanea, così che il risultato fotografico, riuscendo ad acquetare, per altri mezzi e ricerche, anche le espressioni e le vibrazioni della vita viva e distogliendosi dalla propria oscena e brutale realisticità statica, venga ad essere non più la solita fotografia, ma una cosa ben più elevata (…).
Nelle fotografie dei Bragaglia il soggetto traccia delle traiettorie sprigionate dall’energia del soggetto stesso in movimento, rappresentando così le vibrazioni della vita.
Lo spazio esplorato dal Fotodinamismo è però unicamente quello del soggetto in movimento, poiché durante l’azione la fotocamera rimane ferma.
Anche nelle numerose e successive sperimentazioni, alla ricerca di una rappresentazione dello spazio-tempo come il Panning di Ernest Haas, il mosso, il movimentato o facendo muovere i soggetti in diverse maniere, davanti alla fotocamera, si ha un denominatore comune: la fotocamera è ferma.
Lo spazio esplorato è sempre quello ripreso dall’autore dietro alla sua fotocamera ferma, leggermente ruotata o leggermente mossa, comunque tale da non esplorare significativamente lo spazio coinvolto del soggetto.
Nel 2011 con il FoTotempismo di Enzo Trifolelli, per la prima volta in fotografia lo spazio-tempo viene esplorato dall’artista muovendosi con la fotocamera nello spazio stesso e non riprendendo da fermo i soli movimenti dei soggetti.
Il concetto, in un certo senso, è simile a quello del Cubismo analitico con la differenza che in questo caso le varie prospettive non sono ridotte ad una complessa frammentazione, per poi essere presentate contemporaneamente sulla superficie bidimensionale, ma sono realmente mostrate in un fluire voluto dall’autore con il suo percorrere lo spazio-tempo.
In questo modo si genera una multiprospettiva del soggetto trasformando la normale visione bidimensionale prospettica in una tridimensionale, con una quarta rappresentante il tempo come nella realtà.
I soggetti si smaterializzano, si distruggono e si rimaterializzano per ogni punto di vista, lasciando tracce di energia ad ogni istante, tracce che a loro volta lasciano un “Segno” irripetibile nello spazio a testimonianza di una unicità del “Gesto” in fotografia.
-Gianpiero Ascoli